Se per taluni l’utilità di una polizza professionale risulta evidente al limite dell’ovvietà, con la legge professionale forense 247 del 2012, emanata in seguito all’entrata in vigore del d.P.R. 137 del 7 agosto 2013, la questione ‘polizza sì polizza no’ trova definitiva conclusione: l’articolo 12 di summenzionato provvedimento dispone l’obbligo per i professionisti di stipulare una polizza assicurativa a copertura della responsabilità derivante dall’amministrazione del proprio ufficio.

Una puntualizzazione di grande importanza va fatta in merito alle c.d. clausole ‘claim made’, che subordinano la copertura non al verificarsi del fatto storico rilevante in un momento in cui la polizza fosse attiva quanto alla circostanza che la denuncia del sinistro sia avvenuta nel periodo di vigenza del contratto.

Quale rischio deriva da questo istituto, presente ormai nella quasi totalità dei prodotti assicurativi? Che tra il verificarsi dell’evento e la denunzia si verifichi uno slittamento pericoloso tanto per il professionista quanto per l’istituto assicurativo. Possono presentarsi due diverse ipotesi: la prima, vede il fatto verificarsi durante il periodo di copertura per essere contestato al di fuori del periodo di copertura, esponendo il professionista in modo diretto; la seconda vede il fatto verificarsi in un momento precedente per essere però invocato solo al momento in cui la copertura diventa efficace.

La clausola claim made, o ‘a richiesta’, ha la peculiarità di derogare alla disciplina codicistica ordinaria contemplata dall’articolo 1917, il quale lega la responsabilità civile dell’assicuratore al verificarsi del fatto durante il tempo dell’assicurazione. Quella che sembra scaturire è un’antinomia da risolvere alla luce della natura della norma codicistica in discorso: dispositiva o imperativa? Se da un lato è tradizione che dottrina e giurisprudenza non siano in pieno accordo, è meno ricorrente che anche all’interno della stessa giurisprudenza ci siano spaccature più o meno evidenti: si susseguono pronunce dei tribunali ordinari in primo e secondo grado, le contraddizioni sul punto non mancano e ricostruire un quadro rigoroso non è semplice. Ciò che ne risulta è un panorama ricco di considerazioni e argomentazioni tutte egualmente convincenti, ma irrimediabilmente privo di una fisionomia organica e incapace di aprirsi anche ai profani.
Solitamente è risolutivo l’intervento del giudice ordinario di massima istanza, la Corte di Cassazione, che pur intervenendo sulla questione, nel 2014 ha offerto chiarimenti mediante una sentenza che si dedica principalmente ad un altro aspetto del rapporto, e cioè il sinallagma stante alla base del medesimo.

In mancanza di una censura o di un diverso indirizzo offerto dalla Cassazione, il dettato legale puro e semplice, segnatamente la norma codicistica summenzionata, trova la forza di prevalere su previsioni isolate e contrastanti, anche al fine di garantire la coesione del tessuto normativo; conseguentemente si conviene per il predominio dell’articolo 1917 cc e per una configurazione della responsabilità dell’assicuratore che sia legata al verificarsi dell’evento durante il periodo di copertura.

Ciò, senza incertezza, suggerisce ed anzi enfatizza l’importanza di una copertura assicurativa tempestiva e continua.

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